Restrizione calorica, Modulatori Epigenetici e longevità




Studi in numerose specie hanno dimostrato che la restrizione calorica può ridurre l’incidenza e rallentare l’insorgenza di patologie legate all’età (malattie cardiovascolari e neurodegenerative), migliorare la resistenza allo stress e decelerare il declino funzionale e anche aumentare il lifespan (aspettativa di vita). La ricerca è ora orientata a stabilire se tale intervento nutrizionale sia rilevante anche ai fini dell’invecchiamento dell’uomo.
Al mondo esistono due popolazioni, tra le più longeve, che sembrerebbero confermare l’effetto antiaging della restrizione calorica: gli abitanti dell’isola giapponese di Okinawa e il popolo degli Hunza che vive al confine nord del Pakistan all’interno di una valle sulla catena Himalayana.
“Hara hachi-bu”, che tradotto significa “mangia sino a quando sei pieno per otto parti su dieci”, è lo stile nutrizionale degli abitanti centenari di Okinawa, insieme ad una dieta ricca in antiossidanti 8verdure a foglia verdde, patate dolci, legumi come la soia come proteina principale e pesce, supplementata da basse quantità di carne).
Mangiare fino all’80% della sazietà è una ottima strategia per evitare sovrappeso e obesità senza avvertire il senso di fame perché i recettori che permettono di avvertire la dilatazione dello stomaco impiegano circa venti minuti per comunicare al cervello il grado effettivo di sazietà. Ci si sente veramente pieni venti minuti dopo aver abbassato la forchetta. Se ci riempiamo al 100%, finiremo per introdurre un 20% di cibo in eccesso a ogni pasto. Ogni volta lo stomaco continuerà a distendersi per contenerlo tutto, così in seguito dovremo mangiare un po’ di più per provare la stessa sensazione di sazietà.
Il popolo degli Hunza, è in assoluto il popolo più longevo della terra. Questa popolazione vive in media 130-140 anni e non conosce le nostre sempre più frequenti patologie degenerative, il cancro, malattie del sistema nervoso, malattie cardiovascolari. Gli Hunza non solo sono longevi, ma a cent’anni sono incredibilmente attivi, lavorano nei campi e le donne sono ancora prolifiche anche oltre i novant’anni. Sembra che la loro longevità e la loro vitalità siano dovuti al lungo digiuno a cui sono sottoposti ogni anno, alla alimentazione vegetariana e all’acqua alcalina presente nelle loro terre.
La riduzione dell’apporto calorico favorisce l’espressione di geni coinvolti nella riparazione cellulare, nel turnover e sintesi proteica, nella resistenza allo stress ossidativo e nel metabolismo del glucosio.
Tra i geni che risultano attivati dalla restrizione calorica ci sono quelli che codificano per le sirtuine.
Le sirtuine sono enzimi de-acilanti (tolgono gruppi acetili da vari substrati, attivandoli o disattivandoli) la cui attivazione ha, come significato biologico, il mantenimento in salute dell’organismo durante la carenza di cibo. Le sirtuine attivano, negli organismi superiori, la lipolisi e la gluconeogenesi e controllano i fenomeni infiammatori, la proliferazione cellulare, i fenomeni di invecchiamento telomerico e la risposta allo stress. Le sirtuine sono espressione dei geni SIRT, geni normalmente presenti nei cromosomi umani. Uno dei principali substrati delle sirtuine sono gli istoni, le proteine che rientrano nella composizione dei cromosomi, dove si legano al DNA mantenendolo compatto, organizzandolo e quindi regolando l’espressione genica. L’acetilazione/deacetilazione degli istoni modifica il legame di queste proteine con il DNA permettendo al materiale genetico di interagire con altre proteine. Pertanto lo stato di acetilazione della cromatina ne regola la possibilità di essere trascritta. E’ inoltre stata osservata un’associazione tra attività fisica e l’aumento dei livelli di sirtuine, pertanto si ritiene che possano rientrare in varie tappe del metabolismo energetico, legato probabilmente all’incremento dell’acetil-CoA. Le sirtuine, oltre ad essere attivate naturalmente dalla restrizione calorica, vengono attivate dai cosiddetti”attivatori delle sirtuine”, tra cui il più potente è il resveratrolo.
Il resveratrolo appartiene alla famiglia di composti polifenolici ed è presente negli acini dell’uva, nel vino, in alcune bacche e semi oleosi (arachide) e in particolari piante. Nell’uva è contenuto solo nella buccia, mentre il contenuto nel vino dipende dalla pianta della vite, dalla locazione geografica di coltivazione e dal tempo di fermentazione. Come conseguenza, il contenuto di resveratrolo dipende dal tipo di vino ed è maggiore nel vino rosso che in quello bianco o rosato.